Dall’Amico

DALL’AMICO DEL POPOLO DEL 31 GENNAIO 2004

Don Elio Cesco, parroco di Lozzo di Cadore, è morto lunedì 26 gennaio mattina, in Casa di Riposo, dove si era recato per la celebrazione della Santa Messa. Pur avendo avuto in passato qualche problema di salute, nulla faceva presagire la morte imminente.
Lo stupore ha attraversato la diocesi e soprattutto Lozzo, dove il Sindaco ha decretato il “lutto cittadino” per il pomeriggio di mercoledì 28 gennaio in concomitanza con il funerale.
Numerosi i sacerdoti che hanno partecipato, con il Vicario generale, alla concelebrazione presieduta da monsignor Renzo Marinello nella chiesa gremita di fedeli.
Don Elio Cesco era nato a S. Pietro di Cadore il 1° marzo 1929 ed era il terzo di cinque fratelli. «Ai due fratelli e una sorella – ha detto monsignor Andrich – va la riconoscente partecipazione al loro dolore del Vescovo, dei sacerdoti, della diocesi e delle comunità che hanno avuto il servizio generoso di don Elio».
Concludendo, monsignor Andrich ha aggiunto: «Vescovo e Diocesi sono grati a questa comunità parrocchiale e al Comune di Lozzo per l’affetto dimostrato al loro pastore da lunedì scorso: sentiamo che esprime la stima e l’amore coltivati verso di lui in tutti gli anni del suo servizio in questo importante centro.
Le due parrocchie di Rivamonte e Lozzo sono partecipi e grate a don Elio soprattutto per la carità esercitata con sensibilità straordinaria e con grande discrezione».

Impossibilitato a partecipare alle esequie di don Elio Cesco, per motivi di salute, il Vescovo ha inviato un personale messaggio che è stato letto dal Vicario generale.

Cari confratelli presbiteri della diocesi di Belluno-Feltre, cara popolazione ed autorità di Lozzo, cari rappresentanti della parrocchia di Rivamonte e quanti siete presenti a questa liturgia, siamo tutti in sofferenza per questa improvvisa morte di un confratello, tanto più caro quanto più riservata è stata la sua vita e il suo impegno tra noi.
Si è come sciolto un altro legame di quella generosa comunità presbiterale che per tanti anni ha servito questa porzione del Cadore che è la vostra terra. Affidiamo Don Elio Cesco al Signore: avrete occasione di ascoltare delle opportune riflessioni sulla sua testimonianza di credente e di presbitero da chi presiede questa celebrazione: l’arcidiacono monsignor Renzo Marinello.
La traccia che egli ha lasciato in me è stata quella di un prete riservato, per cui mi è stato tra i volti più difficili da memorizzare, sebbene lo incontrassi più volte negli appuntamenti significativi della diocesi.
Volto di un prete dal profondo profilo evangelico, che ha fatto di alcune caratteristiche affermazioni del Vangelo la Sua legge di vita.
Vorrei così, di fronte a voi, richiamare ciò che mi ha colpito della sua personalità evangelica e che ho rilevato da testimonianze su di lui: La essenzialità e chiarezza del suo linguaggio, che ha reso vero nella sua vita il “sì, sì; no, no” del Discorso della Montagna.
La sua straordinaria generosità, vissuta molto nascostamente, tale da attuare il detto di Gesù: “La vostra sinistra non sappia quello che fa la vostra destra”.
Un uomo dalla profonda preghiera, portata alle sue tracce più essenziali, mai carica di troppe parole, sempre aperta a un colloquio di intimità con Dio.
Nel clero diocesano è stato presenza significativa, pronta a interventi illuminati ed esigenti, disponibile alla collaborazione generosa con i programmi diocesani (basti citare il suo impegno nella grande missione per il Giubileo del 2000 e per il sinodo diocesano in corso).
Un prete che ha sempre assicurato alla sua vita spirituale il corso di esercizi spirituali e alla sua vita intellettuale la frequenza agli incontri diocesani dei sacerdoti e a corsi anche nazionali di teologia e di pastorale.
E tutti noi – voi in particolare, abitanti di Lozzo – potete garantire come egli sia stato quel pastore che non si è risparmiato nel dare la vita perle sue pecore nelle diverse esigenze che via via emergevano. Voglio in particolare ricordare la Casa di soggiorno per anziani e la nuova attenzione, di cui stavamo accennando, della consistente presenza delle popolazioni cinesi nel nostro ambiente.
Lui, amante della liturgia, vissuta con essenzialità, celebra ora nei cieli la meravigliosa lode con tutti i Beati.
A lui noi chiediamo che interceda per noi per ottenere per la nostra Chiesa, per la nostra popolazione e per i nostri ragazzi quei valori evangelici di cui abbiamo assoluto bisogno in una così eccessiva esibizione di esteriorità e di superficialità che ci sta condizionando.
La pace dei Santi sia a lui concessa perché la forza di intercessione dei santi sia sulle sue labbra una perenne invocazione per il nostro bene.
Vi sono vicino e piango e lodo il Signore per il dono di questo confratello.

Vincenzo, Vescovo


<< Toca respirà par viver! >>

Quando entrai come parroco a San Pietro di Cadore, suo paese di nascita, lui era sacerdote da quattro anni ed era stato appena nominato parroco di Rivamonte.
Conobbi i suoi genitori Arturo e Ilga, due splendide figure di sposi cristiani, impegnati in parrocchia e, leggendo alcuni numeri del Visdende, il bollettino parrocchiale, trovai che alla sua prima Messa, il parroco di allora don Giovanni Pancera, giocando sul suo nome di battesimo (Elio, infatti significa sole) lo aveva salutato come il sole del suo ministero e della Chiesa.
Non è giunto a tanto don Elio Cesco, morto improvvisamente lo scorso lunedì a Lozzo di Cadore dove era parroco stimato ed amato da trentadue anni, ma la sua fu una vita sacerdotale davvero luminosa, per lo spirito di preghiera, lo zelo pastorale, la saggezza e la coerenza della quotidiana testimonianza.
Dà quella bella figura di prete che egli era trassero alimento vocazioni sacerdotali e vocazioni religiose.
A questo proprosito, ebbi l’onore di presiedere, a nome del Vescovo, alla Professione perpetua di Suor Annj fra le Suore Serve di Maria Riparatrici. Alla cerimonia nella bella chiesa di Lozzo me lo trovai accanto, commosso ed insieme radioso come mai l’avevo visto. Evidentemente gustava uno dei frutti più preziosi del suo intenso ministero.
Ho letto che fu trovato esanime su un inginocchiatoio, dove stava pregando in preparazione alla Messa e la notizia mi ha richiamato un ricordo personale degli anni sessanta.
Mi trovavo ad Agordo dove avevo tenuto, presso l’asilo, un corso di Esercizi spirituali alle ragazze e approfittai per salire a Rivamonte a salutarlo. Era il pomeriggio dell’Epifanìa. Suonai alla porta della canonica ma nessuno mi aprì. Pensai fosse à riposare. Così feci una puntatina in chiesa che mi richiamava tanti ricordi di quando da studente passavo spesso di là.
Don Elio era inginocchiato sul primo banco, assorto in preghiera. Lo avvicinai ed uscimmo insieme. Gli dissi scherzando: “Dicono che i preti bisogna cercarli dappertutto meno che in chiesa”.
Mi rispose in dialetto agordino: “Toca respirà par viver!”.
Allora mi pentii di non essere salito da lui all’inizio, invece che alla fine del corso che avevo tenuto: quella risposta mi sarebbe stata preziosa per una bella meditazione sulla preghiera come respiro della vita cristiana. Un parroco lascia nella gente un nugolo di ricordi.
Io don Elio amo ricordarlo in ginocchio, su un banco di chiesa.

Mario Carlin